L'obiettivo per macchina fotografica
Zoom, grandangolo, tele, lunghezza focale, apertura, "f/", "mm". In questa guida vedremo di spiegare in maniera semplificata il mondo degli obiettivi fotografici.
In questa guida andremo a spiegare, in modo più semplice possibile, tutti i termini del mondo degli obiettivi
per macchina fotografica L’argomento non tocca solo il mondo delle Reflex con le ottiche intercambiabili, ma anche
il settore delle fotocamere compatte, delle bridge, delle mirrorless ed addirittura, in parte, dei telefoni cellulari.
Quando si acquista una nuova lente o comunque una macchina fotografica, ci si trova davanti ad un settore pieno di parole molto
specifiche e spesso di difficile comprensione. Meglio uno Zoom oppure un fisso? Grandangolo oppure
teleobiettivo? Stabilizzato o no? Quanto luminoso?
Proseguendo nella guida vedrete che tutti questi termini acquisteranno un significato e vi sarà più semplice districarvi
nell’interessante mondo degli obiettivi fotografici.
Grandangolo, normale e teleobiettivo
La cosa più importante riguardo ad obiettivo fotografico è capire se si tratta di un grandangolo o di un tele.
Quando andate a scattare una fotografia, probabilmente vi aspettate di poter decidere quanto vicino volete vedere
il vostro soggetto. In questo caso andrete ad intervenire sullo zoom. Facciamo finta di essere al mare (..magari..)
avere due metri davanti a noi una bella ragazza in costume che posa per noi (..magari..), sullo sfondo le onde del mare.
Avete la vostra macchina fotografica e la scena che state inquadrando è bella ampia: Attraverso lo schermo potete
vedere un bel po’ di spiaggia, la ragazza dalla testa ai piedi, più piccola al centro, il mare sullo sfondo.
Ora state usando un Grandangolo. Questo è infatti il termine con cui si definiscono le ottiche panoramiche.
Questo significa che se guardate attraverso l’oculare della reflex (o lo schermo della fotocamera) potete vedere una scena
molto ampia. Immaginate di essere davanti alla ragazza, per poter vedere sia lei, che la spiaggia, che quel molo lì, sulla destra,
dovreste muovere sia gli occhi che la testa. Quello che ci si aspetta da un buon grandangolo è di poter inquadrare interamente
una qualsiasi scena che ci appare grande quasi quanto il nostro stesso campo visivo.
Uno dei problemi del grandangolo è che per poter inserire tutto quel dettaglio deve per forza di cose
distorcere l’immagine, per quello prima accennavo alla ragazza che, anche se a soli due metri da noi,
attraverso la fotocamera sembrerebbe almeno al doppio della distanza. Questa è una caratteristica degli obiettivi grandangolari
che è un po’ difficile da spiegare a parole, vi chiedo di avere un po’ di pazienza, più avanti inseriremo un immagine
che chiarirà meglio il concetto. In ogni caso l’immagine generata dai grandangoli è un’immagine distorta. Questo ci
porta al secondo tipo di ottiche per fotocamere, le normali.
Torniamo all’esempio di prima: Siete davanti alla ragazza, a due metri di distanza, abbastanza da poterla inquadrare
con il grandangolo "piccola al centro". Ora avvicinate un po’ lo zoom, ma non troppo. A questo punto inizierete
a chiudere l’inquadratura sulla bella ragazza in costume. L’immagine inizia a risultare più naturale, la distorsione
inizia a sparire mentre l’inquadratura si avvicina. In questo momento siete arrivati ad usare una lunghezza che viene
definita normale. Proseguendo, a mano a mano che andremo ad aumentare lo zoom avvicinando ancora il soggetto,
inizieremo ad entrare nel mondo dei teleobiettivi (o tele). Abbiamo quindi capito che i tele non sono altro che
gli obiettivi che aumentano lo zoom, in modo che attraverso la macchina fotografica i soggetti appaiano più vicini. Esistono infine
i supertele che nel mondo delle compatte sono conosciuti anche come superzoom. Non sono altro che zoom
estremamente potenti, in grado di avvicinare all’inquadratura soggetti anche molto lontani oppure molto piccoli, come
piccoli volatili.
La lunghezza focale
Abbiamo quindi capito che un grandangolo, un normale ed un tele sono sostanzialmente tre tipi di ottica davvero diversi fra loro. Esiste quindi la necessità di definire il tipo di lente e misurare esattamente quanto l’inquadratura risulta "chiusa" o "aperta". Come scala è stato deciso di utilizzare la lunghezza focale in millimetri, che sembrerebbe una cosa difficile da capire, ma che in realtà è semplicissima. In pratica ogni obiettivo viene definito da un numero prestabilito, seguito dalla sigla "mm", che sta a significare "millimetri".
Si parte dai numeri piccoli. In genere il numero più basso che potreste vedere in commercio è l’8mm (otto millimetri). In questo caso stiamo parlando di lenti molto "aperte", nel senso che sono dei grandangoli molto "spinti", permettono infatti di vedere una scena davvero ampia. Nello specifico gli 8mm sono chiamati fisheye in quanto l’immagine è talmente distorta da risultare "sferica", come se fosse vista attraverso gli occhi di un pesce.
Poco più sopra, alla soglia dei 12mm entriamo nei grandangoli più tradizionali, nel senso che il produttore cerca di fare tutto il possibile per ridurre la distorsione "occhio di pesce" tipica degli obiettivi fisheye. Ovviamente un 12mm è piuttosto "spinto", infatti le ottiche rientrano nel mondo dei grandangoli fino ai 35mm.
Arrivati a 50mm si trova l’ottica "normale". Wikipedia scrive "In fotografia, per obiettivo normale si intende un obiettivo fotografico con un angolo di campo simile a quello dell'occhio umano, e che di conseguenza produce immagini che appaiono "naturali" all'osservatore. Meglio di così, io non lo avrei saputo spiegare.
A mano a mano che si sale con la numerazione si entra nel mondo dei teleobiettivi, che iniziano a 70mm e possono salire fino a 1.000mm su ottiche molto potenti. Ovviamente lo scopo del teleobiettivi è di zoomare il soggetto.
Di seguito una scala con le lunghezze standard in maggior dettaglio. Cliccando l'immagine con la ragazza, potrete vedere la guida in inglese della Nikon da cui è stata presa la fotografia.
- Fisheye: 8mm - 12mm
- Ultragrandangolare: 12mm - 14mm - 16mm
- Grandangolo: 24mm - 28mm - 35mm
- Normale: 50mm
- Medio tele: 70mm - 90mm - 135mm
- teleobiettivi: 180mm - 200mm - 300mm
- Super tele: 300mm - 600mm - 1000mm
Abbiamo quindi capito che la lunghezza focale in millimetri non è altro che una scala con cui definire perfettamente la lunghezza di un ottica. Se un giorno qualcuno vi dirà "Ho fatto una foto al capriolo usando il quattrocento" adesso vi dovrebbe essere chiaro che ha usato un super tele piuttosto lungo e costoso con una lunghezza di 400mm.
C’è un’ultima cosa da dire a proposito della lunghezza focale, ovvero che oggi la maggior parte delle fotocamere ha uno zoom ottico, ciò significa che non sono fisse ad una determinata lunghezza, ma che attraverso lo zoom è possibile passare da un grandangolo ad un teleobiettivo senza dover cambiare la lente, in ogni caso è un argomento che affronteremo meglio più avanti. Generalmente la massima qualità ottica possibile viene dalle ottiche fisse, se sono di qualità.
Il formato 35mm ed il fattore di moltiplicazione
Lo standard della lunghezza focale in millimetri è nato molto prima delle macchine fotografiche digitali.
Ai tempi si scattava con la pellicola, la cui dimensione è di 36mm x 24mm. Guarda caso la diagonale della
pellicola è di 50mm, questo è il motivo per cui si è deciso che l’ottica normale è il 50mm,
quest’ultimo infatti fa passare la luce dalla scena alla pellicola senza nessun tipo di distorsione.
Con l’avvento delle macchine fotografiche digitali, la dimensione del sensore (intendo dire il circuito che
è nella fotocamera, dietro all’ottica, quello che si occupa di "fare" la fotografia) ha dimensioni estremamente
variabili. Se un secolo fa era impensabile avere una pellicola grande come un seme d’anguria, al giorno
d’oggi esistono sensori che sono di quelle dimensioni, se non più piccoli, con quindici o venti megapixel.
Il motivo per cui accenno alla dimensione del sensore è che se nella stessa identica macchina fotografica
potessi mettere due sensori di dimensioni diverse, otterrei due lunghezze focali diverse. Questo è dato dal
fatto che un sensore più piccolo ha bisogno di lenti più piccole. Nelle compatte quindi tutta la numerazione
con cui viene definita la lunghezza focale è completamente diversa, si utilizzano infatti numeri molto più piccoli.
Potete immaginare che pasticcio che sarebbe se non esistesse più un modo efficace di capire la lunghezza focale
delle ottiche. È stato quindi deciso di creare un "fattore di conversione", ogni produttore infatti rende pubblico
un numero per cui moltiplicare la lunghezza focale, in modo da poter ottenere un valore comprensibile. Vi consiglio
quindi di andare sempre a cercare il valore corrispondente al formato 35mm di qualsiasi macchina fotografica vogliate acquistare.
Sempre a proposito del fattore di moltiplicazione degli obiettivi un accenno va fatto alle Reflex APS.
Si parla di APS-C o APS-X quando ci si riferisce ad alcuni determinati modelli di fotocamere
Reflex dal costo più ragionevole. Hanno sempre con gli obiettivi intercambiabili, il mirino ottico ed
il corpo macchina separato, ma hanno anche un sensore più piccolo rispetto al 35mm delle macchine professionali.
Sono piuttosto difficile da riconoscere per i non esperti, infatti hanno un’estetica molto simile.
Nel caso in cui abbiate una APS-C della Canon il valore dell’ottica (ad esempio un 100mm) risulterà
"moltiplicato per 1.6", quindi sarà come avere un 160mm montato su una macchina a pellicola.
Nel caso in cui abbiate una APS-C della Nikon il valore dell’ottica (ad esempio un 100mm) risulterà
"moltiplicato per 1.5", quindi sarà come avere un 150mm montato su una macchina a pellicola.
Il fattore 1.5x, lo stesso della Nikon, è usato anche da Sony sulle sue fotocamere "Alpha".
Esistono anche alcuni altri produttori ed altri standard meno utilizzati, In ogni caso non sarà un problema
scoprire quello della vostra fotocamera su Google, se ne avete una più ricercata.
Le fotocamere con le ottiche superzoom e il fenomeno "tre per (3x)"
Una menzione a parte va fatta per le fotocamere "ultra zoom". Prima di tutto devo sottolineare che sarebbero
necessarie delle competenze in ottica ben superiori alle mie, per poter parlare in modo preciso di questo argomento,
quindi resterò ad un livello terra-terra senza scrivere a sproposito.
Come accennato poco sopra, un sensore
piccolo ha bisogno di lenti più piccole. Le fotocamere compatte e le "bridge" hanno un sensore
di dimensioni spesso piuttosto contenute, pochi millimetri sul lato lungo, mentre una macchina fotografica
Reflex ha un sensore di tre centimetri e mezzo sul lato lungo.
Avete presente allo stadio, durante le partite di calcio? A bordo campo ci sono i fotografi che hanno degli
obiettivi davvero enormi, di solito sono bianchi. Lo stesso obiettivo, per una macchina fotografica compatta, sarebbe
grande pochi centimetri.
Per lenti grandi, se sono costose (e di solito lo sono), non esiste materiale migliore del vetro.
Ovviamente non si tratta del vetro delle vostre finestre, si tratta di diversi cristalli purissimi,
con una dispersione estremamente contenuta.
Al contrario, nel mondo delle compatte, quando si tratta di costruire lenti piccole, non esiste materiale
migliore della plastica, anche qui non parliamo della plastica dello yogurt, ma di materiali che simulano
le caratteristiche del vetro, quindi bassa dispersione e maggior trasparenza possibile. La tecnologia è evoluta
tantissimo negli anni e chi ha portato ad avere sul mercato alcune fotocamere che hanno più di 40x di zoom ottico.
Ma cosa vuol dire? Sul titolo ho citato come esempio il "tre per (3x)", ma può essere qualsiasi numero
e di solito è maggiore di tre. In pratica quando si parla di X (per) nelle ottiche, il produttore sta
facendo una banalizzazione incredibile, ma davvero efficace.
Supponiamo di avere un 28mm, quindi un grandangolo leggero. Questo è più o meno il valore medio dello zoom
"al minimo" nella maggior parte delle compatte. Per semplicità tiriamo però pochissimo lo zoom, ed andiamo
a 30mm tondi tondi.
Se la macchina fotografica arriva, al massimo dello zoom, a 90mm si tratta di uno zoom 3x. Siamo partiti da 30mm,
moltiplicando per tre (3x) otteniamo infatti 90mm.
Per la stessa logica, se al massimo dello zoom arrivasse a 900mm ci troviamo davanti ad uno zoom 30x.
Ricordate che abbiamo un po’ arrotondato, quindi non proprio novecento, ma quasi. Se non avete idea di quanto
potrebbe essere grande un teleobiettivo su una reflex, eccovi un 600mm:
Possiamo quindi dedurre che nel mondo dei sensori piccoli è possibile ottenere zoom davvero potenti, restando
in dimensioni abbastanza contenute.
Considerato che esistono compatte con più di 40x di zoom ottico, vi lascio immaginare quanto possano zoomare.
Il problema quando si usa uno zoom così estremo sono i tremolii. Se è vero che lo zoom è 40x, anche i vostri
"scatti muscolari involontari" sono 40x. Questo significa che dovete per forza di cose avere un appoggio bello
solido, altrimenti quando guarderete dentro l’oculare della fotocamera, vi sembrerà di essere in mezzo ad un
terremoto. Ovviamente lo sviluppo tecnologico ci viene in aiuto, è stato infatti inventato lo stabilizzatore d’immagine,
questo ci porta al prossimo capitolo.
Lo stabilizzatore d’immagine
Come accennato poco sopra, nel caso di zoom molto spinti, è difficile mantenere il soggetto fermo a mano libera, l'immagine infatti sarà molto traballante. Per cercare di ridurre il problema è stato inventato lo stabilizzatore d'immagine che non è altro che un sistema elettronico che si occupa di cercare di annullare le vibrazioni. Ne esistono di due tipi: montato sul sensore oppure sull'ottica. Nel primo caso il è il sensore a muoversi. Scelta quasi obbligata nel caso di fotocamere "chiuse". La seconda possibilità è di averlo montato sull'ottica, ed ovviamente mi riferisco alle fotocamere con lenti intercambiabili. Nel caso delle reflex avere il sensore stabilizzato è una cosa buona, infatti una qualsiasi ottica, anche se non stabilizzata e quindi più economica, funzionerà come una stabilizzata. Altri produttori, invece, stabilizzano direttamente l'ottica. In questo modo aumentano i costi, ma offrono al cliente il vantaggio di avere stabilizzato anche l'oculare mentre inquadra nel caso di fotocamere con lo specchio. Ci sono diversi nomi per chiamare lo stabilizzatore, i più famosi sono VR per Nikon, IS per Canon, VC per Tamron, OS per Sigma.
L’apertura del diaframma, definita f/
Quando andate ad acquistare una nuova ottica la lunghezza focale è una cosa importante, ma non è l’unico parametro da valutare.
La luminosità dell’ottica è un parametro importantissimo, al pari della sua lunghezza.
La luminosità dell’ottica è data dalla massima apertura del diaframma e viene definita con una lettera "f"
seguita da una "/". Esattamente come con la lunghezza focale, per l’apertura del diaframma è stato definito un valore
costante, in modo da definire esattamente quanto un’ottica è luminosa.
Vediamo le aperture principali:
- f/1.2: Questo è uno dei valori più bassi possibili. È un’apertura che si trova nel mondo delle ottiche professionali ed è estremamente luminosa
- f/1.4: Anche per questo valore è valido quanto detto sopra
- f/2: Ancora molto luminoso, ma esistono alcuni fissi con f/2 che costano una cifra ragionevole e rarissime fotocamere compatte e smartphone che lo adottano
- f/2.8: Valore d’eccellenza per le fotocamere compatte. Buono per un fisso, eccellente su uno zoom, quasi lo standard nel mondo degli smartphone
- f/4: Valore più che dignitoso su uno zoom
- f/5.6: Valore standard degli zoom di qualità medio/bassa
- f/8: Un valore poco interessante, esistono alcuni teleobiettivi molto potenti ma compatti che lo adottano
L’argomento qui è stato trattato in maniera riassuntiva perché abbiamo già scritto una guida che parla dell’apertura del diaframma e della profondità di campo, che potete leggere cliccando qui. Se invece siete interessati a capire in che modo l’apertura del diaframma influisce sulla fotografia, vi consigliamo caldamente di dare una letta anche ad un'altra guida che abbiamo scritto: Conoscere i tempi di scatto, che potete leggere cliccando qui.
L’autofocus e il motore ultrasonico
La maggior parte delle ottiche moderne è auto focus. Oggi quando scattiamo una foto diamo per scontato che sia a fuoco, ma qualche decina di anni fa il fuoco andava fatto rigorosamente a mano. Poi è stato inventato l’autofocus, che è un sistema attraverso cui la fotocamera riesce a capire a che distanza si trova il soggetto e lo mette a fuoco da sola. L’ultimo ritrovato della tecnologia degli autofocus sono i motori ultrasonici. Peculiarità delle ottiche di qualità e costo elevati, si tratta di una nuova generazione di motori molto più veloci e silenziosi. Si chiama USM su Canon, AF-S su Nikon, HSM su Sigma ed USD su Tamron.
Le ottiche della serie "premium"
I produttori hanno sempre a catalogo una serie di lenti di livello superiore alle altre. Per distinguere queste lenti "premium" viene adottata una sigla: L su Canon, ED su Nikon, EX su Sigma ed SP su Tamron. Spesso per riconoscerle viene usato un colore caratteristico come il bianco, oppure una riga rossa oppure oro.
Il rapporto di ingrandimento sulla fotografia macro
Qui ci sarebbe davvero troppo da dire, e la guida è già venuta molto lunga. Mi limiterò quindi a dire che si tratta di una caratteristica di tutte le lenti. In pratica si riferisce alla distanza minima a cui la lente è in grado di mettere a fuoco. Più ci potremmo avvicinare e maggiori dettagli potremo vedere. Un’ottica per essere definita macro dovrebbe avere un rapporto di 1:1. In pratica è possibile inquadrare un insetto di tre centimetri e mezzo (la larghezza standard della pellicola) e fotografarlo grande come tutta l’inquadratura. Per evitare di appesantire troppo l’articolo vi rimando alla pagina di wikipedia per approfondimenti maggiori.
Lettura dei nomi delle lenti commerciali
Come ultimo argomento vorrei leggere insieme a voi i nomi di alcune ottiche commerciali, in modo da capire definitivamente il modo in cui i produttori nominano le loro lenti.
Canon 24mm f/1.4 L USM II
Prodotto dalla marca Canon è un fisso 24mm. Molto luminoso in quanto f/1.4, fa parte della serie "premium" indicata dalla
lettera L. Autofocus motorizzato USM e seconda serie. Il numero romano II infatti indica che è un’ottica di qualche anno fa,
che è stata aggiornata con tecnologie più evolute.
Nikon 70-200mm f/2.8 VR
In questo caso il produttore è Nikon, con uno zoom da 70mm a 200mm. Davvero un’ottima lente siccome la luminosità è f/2.8
per tutta l’escursione. Si tratta di un’ottica stabilizzata, lo si capisce dalla dicitura VR.
Sigma 18-200mm f/3.5-6.3 DC OS HSM
In questo caso la lente è una Sigma, si tratta di uno zoom estremo, da 18mm a 200mm. La luminosità è mediocre, in linea col
tipo di lente. In posizione grandangolo si tatta di un f/3.5, in posizione teleobiettivo si arriva a f/5.6. La sigla DC significa
che funziona solo su APS-C, OS che è stabilizzata, ed infine HSM che ha il motore ultrasonico.
Tamron SP AF 90mm f/2.8 Di MACRO 1:1
Produttore Tamron, SP sta per "super premium", AF per autofocus. Un fisso da 90mm abbastanza luminoso, f/2.8.
La sigla Di sta a significare che è specifico per sensori digitali e MACRO 1:1 che si tratta di un vero macro al 100%.
Sperando che la guida sugli obiettivi fotografici sia stata chiara, prima di salutarti ti ricordiamo che puoi leggere tutti gli altri tutorial sulla fotografia in generale cliccando qui. In alternativa, è possibile navigare le diverse sezioni del sito dal menù in alto. Se lo ritieni opportuno, puoi darci un piccolo contributo cliccando la pagina ❤Sostienici.